Luca Vivarelli – “Ho un Dono”, Ecco cosa ne penso

Come comprendere quando un brano conosce i riferimenti che cita? Come farlo capire a chi ascolta? Per conoscere queste risposte vi basta ascoltare e guardare il brano di Luca Vivarelli in analisi. Dai primissimi secondi avvertiamo subito un mood e delle sensazioni che già conosciamo, ossia quelle del reggae tanto caro a Bob Marley e Manu Chao. Insieme ai riferimenti musicali, il video ha una precisa visionarietà che richiama le atmosfere psichedeliche tramite degli effetti visivi

. Unisci questi due aspetti e avrai un brano reggae conscio di esserlo. Se non conoscete questo stile musicale, vi assicuro che ha una storia e degli stilemi riconoscibili, in quanto è stato anche veicolo per una certa generazione che volesse discutere di certe tematiche. Siamo alla fine degli anni 60 e come sappiamo i giovani americani che volevano ribellarsi a un certo tipo di sistema musicale e non, si riunivano in piccoli gruppi che proferivano la pace e la lotta al capitalismo.

Stiamo parlando ovviamente degli hippie. Proprio in quel periodo, l’esponente di punta Bob Marley, incideva i suoi primi successi e costruiva quello che sarebbe diventato un genere popolarissimo e riconosciuto nel 2018, come uno dei Patrimoni orali e immateriali dell’umanità UNESCO. Il brano di Luca Vivarelli, “Ho un dono”, è figlio di quel sound, perciò l’ascoltatore sarà proiettato in un universo di suggestioni musicali molto catchy dal ritmo coinvolgente e molto evidente.

Ad accompagnare queste caratteristiche musicali, il testo ha un valore importantissimo: far ricordare immediatamente il ritornello a chi ascolta. Nel domandarsi se una data persona ha qualcos’altro oltre il suo aspetto estetico e i suoi beni materiali, richiama nuovamente i tratti distintivi di quegli hippie che cercavano di abbandonare alcuni canoni estetici e oggetti vari. Se tutto ciò, come abbiamo espresso nelle precedenti righe ricorda quel mood, lo stile di canto invece è attualissimo e potrebbe essere associato a molti gruppi musicali della scena indipendente italiana come i “Punti In Espansione”.

La struttura della canzone è molto comune e alterna strofe e ritornello per evolvere in una piccola variazione per poi concludersi con il ritornello e una piccola coda finale. Parlando sempre più nello specifico, un dettaglio molto evidente concerne l’equalizzazione del brano. Cosa significa? È molto semplice, parlo del rapporto tra tutti gli strumenti e di come alcuni di essi possano essere enfatizzati più di altri che invece restano come tappeto sonoro. Ho un dono di Luca Vivarelli sceglie consapevolmente, noi crediamo, di dare alla voce un ruolo non troppo visibile sugli strumenti che invece risuonano tantissimo e creano quel giusto mood giamaicano di cui parlavamo.

Quest’aspetto da un lato è interessante e straniante, dall’altro può rendere ostico un brano che non lo è per nulla. In ogni caso la canzone è assolutamente ben fatta, perché conosce i suoi riferimenti e non ha paura di esser over citazionista, poiché ovviamente il rischio è quello. Quando vuoi far tuo uno stile solido e molto riconoscibile, il pericolo è di realizzare un brano troppo simile ai grandi capolavori senza averne quelle qualità storiche e musicali che hanno reso quei brani indimenticabili.

Detto ciò, Ho un dono di Luca Vivarelli può essere anche il primo approccio al reggae per qualcuno che non ha mai sentito questo stile musicale tanto peculiare. Nella musica italiana è certamente una canzone che non si sente tutti in giorni in radio, anzi, proprio perché nel nostro Paese un certo tipo di musica come questa non attecchisce tantissimo. Dalla durata di quattro minuti e quarantatré secondi, Ho un dono di Luca Vivarelli saprà sicuramente essere un piacevole ascolto per chi conosce il reggae e per chi non ha dimestichezza con questo genere. 

La canzone

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